Un gioco in cui si parte già morti, tanto per dire. Non-morti, se vogliamo fare i precisini. Già, ma di cosa è morto il misterioso taciturno protagonista? A giudicare dai primi combattimenti è morto di sonno. Infatti mentre il giocatore, madido di sudore, preme furiosamente il tasto di attacco, l'alter ego digitale si stiracchia, sbadiglia, tenta un affondo disordinato e goffo, rimane venti minuti a prendere le sciabolate di un manipolo di zombie arzilli e maestri di scherma. Mentre il giocatore sfonda il tasto di schivata il suo alter ego digitale osserva, con una smorfia sul viso, il terreno lurido, dà una lustratina e poi si rotola in terra controvoglia come un orso pieno di pulci.
Agile come un orinale, reattivo come un posacenere, il supereroe si trova ad affrontare tonnellate di minkions e qualche grosso, potente boss che con due colpi può ridurlo in marmellata di ossa.
La natura ossessivamente punitiva del titolo FROM (sic; in realtà mancherebbe, secondo me, una "M" che collocherebbe più correttamente la software house nell'area della psicopatologia) si manifesta anche in scelte al limite della stronzaggine pura laddove:
- i nemici respawnano sardonici ogni volta che si salva, si aumenta di livello, si muore, si starnutisce, ci si distrae pensando alla topa
- i nemici attaccano in gruppo, e ogni volta che il giocatore subisce rimane un po' stordito, offrendo il tempo a un altro avversario di effettuare il suo attacco, col risultato che andando avanti senza il dovuto timore di Dio si corre il rischio di entrare in un corridoio di ceffoni e di non uscirne più
- le armi e le armature si rovinano, con l'uso
- i nemici sono molto più efficaci del giocatore, nell'attacco a distanza
- tornando sul luogo dell'ultima sconfitta si può recuperare il bottino di anime accumulate durante il combattimento, ma se si muore prima di esserci riusciti si perde tutto
- non si può mettere in pausa, neanche mentre si usa l'inventario
- la morte resetta tutto fuorché, tipo, gli ascensori e quindi...
- ...siccome si muore anche cadendo dall'alto, e c'è parecchio alto, e parecchio stretto, e parecchia gente che vuole piazzartelo sotto la coda...
Un gioco che non conosce il metodo Montessori, si impara tutto a proprie spese e con violente mazzate nelle gengivine tenere.
Tecnicamente com'è?
Il porting è stato realizzato controvoglia da gente troppo occupata a scolare bottiglie di umeshu e a spostare ancora un po' i confini dell'essere figli di meretrice. Fortuna che un sant'uomo ha predisposto una fix per rendere guardabile un prodotto che altrimenti - almeno dal punto di vista tecnico - avrebbe meritato di restare nello scaffale anche fosse costato 20 euro (che, per inciso, è quello che si paga a trovarlo in promozione).
Però la cosa che - come sempre - risente di più della pesante eredità consollara è un'interfaccia disegnata in una notte buia e tempestosa da cinque schizofrenici strafatti di crack. Incoerente e scomoda per tutto ciò che non riguarda il combattimento (leggi: inventario, gestione dei savepoint qui poeticamente associati ai falò, scelta delle armi, invio di gesti agli altri giocatori) non si avvantaggia delle potenzialità offerte dal PC.
Colgo l'occasione per dire a quelli che inveiscono per lo scarso supporto a mouse e tastiera che non è quello, che umilia gli utenti PC (ormai un joypad ce l'hanno tutti) quanto il fatto che OGNI SINGOLA VOLTA vengano ripetute le stesse inutili istruzioni di non spegnere il PC e di non uscire dal gioco mentre si sta salvando.
Insomma: un gioco inutilmente frustrante (perché il respawn mentre si fa level-up?) e tecnicamente migliorabile (parlo dell'edizione "out-of-the-box" perché se nessun uomo di buona volontà avesse pensato di realizzare un hack intelligente o i giocatori non fossero a conoscenza o in grado di usarlo sarebbero stati - senza mezzi termini - truffati).
Ma allora perché la gente lo ama alla follia? A parte i masochisti, intendo? Si tratta di uno di quei giochi che fa scattare la molla psicologica della "bella stronza", ovvero un oggetto del desiderio che ci respinge continuamente e allo stesso tempo ci tiene al guinzaglio, in un tragicomico effetto elastico, in una girandola di amore, odio e maroni. Un gioco che alla lunga dà soddisfazione, ma che richiede un impegno e una concentrazione ormai rari, per i videogiocatori.
Il level design è la vera perla: un mondo vastissimo, architettato in maniera originale e priva di compromessi. L'assenza della mappa non si fa sentire troppo proprio perché ogni angolo si riconosce "toh, lì è dove sono morto per la quindicesima volta".
Questo first impact è destinato ad essere arricchito da un verdetto e forse anche da un ricorso in appello, perché Dark Souls non merita di essere liquidato brutalmente come lui liquida brutalmente il giocatore.
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